La prima moka in esposizione è un esemplare in ottone nichelato e legno datato 1880/1900, a pressione con vapore; è torinese uno dei primi modelli ad adottare l’attacco a baionetta nel portafiltro; sarà poi il rame a diventare il dettaglio estetico caratteristico dei primi modelli domestici elettrici; pian piano arriva anche il fischietto per avvisare durante l’erogazione di caffè, con il modello prodotto tra gli anni ‘20 e ‘30 a Milano.
Si approda alla cultura partenopea del caffè con la napoletana Adelie, prodotta da un artigiano argentiere, esemplare di pregio rispetto ai modelli comuni in latta all’epoca, in argento e interamente cesellato a mano. E si ammirano le prime manopoline con cui si selezionava quale doppio erogatore attivare ed un esemplare con globi in vetro a tenuta stagna l’uno con l’altro.
Fino ai primi del dopoguerra la moka era un prodotto artigianale, pochi i pezzi realizzati e con una distribuzione limitata. È grazie all’intuizione di Alfonso Bialetti che inizia una seconda vita del caffè, fatta di convivialità domestica, pubblicità e “tanto Carosello”! Nasce la moka stretta in vita come una donna dell’epoca e dalla forma ottagonale in alluminio, caso unico di design industriale che subirà nel corso del tempo solo poche modifiche. Brevettata, presto icona del design made in Italy e nel 2008 parte delle collezioni ufficiali del Museum of Modern Arts (Moma) di New York, a titolo permanente come esempio di sintesi del design italiano tra innovazione, tecnologica ed eleganza e funzionalità.
La mostra si conclude con un caffè ovviamente…! Fatto assaporare prima in chicchi con la descrizione dei sentori e offerto dopo in degustazione, da sorseggiare mentre si legge alle pareti della pianta, della sua raccolta, dell’estrazione del seme, della tostatura e dello stoccaggio con tanto di piantine ai tavoli.
Chiara Mancusi
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